Quando ho necessità di codesta roba, in genere faccio così:
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import locale
locale.setlocale(locale.LC_ALL, '')
print "L'incendio suo seguiva ogne scintilla;\n\
ed eran tante, che 'l numer loro\n\
piu' che 'l doppiar delli scacchi, s'inmilla\n\n"
to = 0
for i in range(64):
to = to + 10 ** (3*i)
angeli = locale.format("%d", to, grouping=True)
print angeli
Tra parentesi, questo esempio stampa il numero di angeli danteschi secondo la progressione di Sissa modificata, che cresce di mille in mille per ogni casella della scacchiera... un numero incalcolabile per gli abacisti medievali, che ha messo a dura prova molti illustri dantisti. In realtà, Dante (che conosceva perfettamente ogni dettaglio dottrinale, avendo anche studiato lungamente presso i padri Francescani e poi dai Domenicani in S. Maria Novella, dopo la morte in giovane età di Beatrice Portinari) chiarisce nel Convivio che il numero degli angeli è
incalcolabile, per motivi appunto dottrinali, e lo ribadisce anche altrove nella Commedia, in Par. XIII, 95-100:
Non ho parlato sì, che tu non posse
ben veder ch'el fu re, che chiese senno
acciò che re sufficïente fosse;
non per sapere il numero in che enno
li motor di qua sù, o se necesse
con contingente mai necesse fenno;
Qui l'oggetto della discussione è se vi sia contraddizione tra la sapienza perfetta di Adamo e di Cristo, e quella di Salomone. Le affermazioni e le argomentazioni qui portate sono di altissimo livello, il che è tipico della proteiforme cultura del nostro Dante.
Per dirimere la raffinata questione teologica, Dante asserisce che Salomone chiese sì una superiore sapienza, ma in perfetta umiltà, e solo subordinatamente alla realizzazione di un regno giusto e ispirato alle sacre scritture: a supporto di questa tesi elenca una serie di esempi per dimostrare che, se il re biblico avesse avuto interesse fine a se stesso per una conoscenza assoluta, perfetta e universale, ben altro avrebbe dovuto chiedere! In particolare, Salomone non chiese una sapienza teologica per sapere quanti sono gli angeli, e questo implica che dottrinalmente si riteneva che non fosse possibile determinarne il numero. Tutte le note, dal Sapegno in giù, concordemente spiegano in tal guisa il riferimento a "li motor di qua su".
Il che deve mettere definitivamente a tacere tutte le ipotesi dilettantesche che ancora fioriscono su questa benedetta scintilla che s'inmilla:
nessuno avrebbe saputo davvero calcolare un numero del genere nel 1300, il Liber Abaci di Leonardo Pisano Fibonacci (che come tutti sanno, tranne wikipedia fino a qualche tempo fa, è un patronimico, da
filius Bonacci) era ancora scarsamente diffuso (si parla di icunaboli!), tanto che difficilmente Dante potrebbe averne avuta in mano una copia, anche nei suoi ultimi anni di vita. Il fatto che il matematico pratese Paolo Dagomari detto (per antonomasia) dell'Abaco o dell'Abbaco abbia impartito qualche lezione al figlio di Dante non pare poi particolarmente significativo ai sensi di questa vicenda.
Scusate la digressione, ma Dante per un fiorentino è comunque materia d'esame per tutta la vita. Chiamatelo pure genius loci.